Archeo-musical

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PRESENTAZIONE DEL PROGETTO

"Rasenna Echoes"

Archeo-musical d’ispirazione ETRUSCA

 

Premessa:

Questo ambizioso progetto ha avuto il suo input  dalle ricerche di archeologi, musicologi e studiosi di strumenti musicali antichi; sono stati fedelmente ricostruiti gli strumenti a fiato di metallo e di ossa di animali identici a quelli presenti nei musei, mentre per gli strumenti a corda e di legno che non sono arrivati integri ai nostri giorni la ricostruzione , in corso di realizzazione, avviene con l'ausilio delle raffigurazioni esistenti degli stessi: tutti strumenti musicali perfettamente funzionanti ed in grado di produrre suoni gradevoli.

La divulgazione di queste scoperte sonore se dovesse limitarsi alla semplice dimostrazione della produzione dei suoni con i vari strumenti ricostruiti sarebbe noiosa e non desterebbe alcun interesse ad un vasto pubblico: rimarrebbe circoscritta ad una ristretta cerchia di studiosi e ricercatori.

Ecco che inserire effetti sonori degli strumenti antichi in uno spettacolo teatrale-musicale siamo certi che risulterà essere la soluzione ottimale.

La scrivente società "Organizzazione EUR" ha recentemente stipulato con il Comune di Rosignano Marittimo (LI), un contratto di gestione decennale del "Music BOX", struttura polivalente per varie attività legate a molteplici aspetti della produzione e della diffusione musicale, di proprietà comunale con  imminente inaugurazione.  Questo ha permesso un contatto diretto con varie realtà e figure professionali del territorio operanti nel settore della ricerca, della produzione musicale e dello spettacolo dal vivo.

Pur avendo radici consolidate in settori musicali "colti" e tradizionali come la produzione lirica e concertistica sinfonica la Società ha attentamente valutato la proposta che ci è stata presentata da alcuni ricercatori ed archeologi di mettere in scena l' "Archeo-musical RASENNA ECHOES",  con audizioni delle tracce musicali, analisi dello studio archeologico svolto, lettura della trama dell'opera, valutazione dei curricula dei professionisti coinvolti e giudicata molto interessante;  sicuramente destinata ad avere un seguito in termine di rappresentazioni in Italia ed all'estero.

Rasenna Echoes è uno spettacolo da noi definito "archeo-musical": una trama che la rende attuale per aspetti socio-culturali (accoglienza del profugo, alta considerazione della donna all'interno della struttura familiare) con scenografie, recitazioni, contorni musicali che evocano tempi ancestrali facendo sognare lo spettatore.

Il ben noto regista Giampaolo Zennaro (Cavaliere al Merito della Repubblica) ha accettato entusiasticamente di firmare la regia e far debuttare lo spettacolo.


 

Trama dell'opera:

L’opera vuole mettere in scena il momento preparatorio all’esibizione di una piccola compagnia di musicisti, cantanti e ballerini, ingaggiati per una serata speciale, quella che precede la celebrazione del matrimonio della figlia di una ricca famiglia etrusca. Le prove si svolgono all’aperto (si sentono i lontananza i canti di uccellini e la presenza di altri animali), presso il portico della residenza dei padroni di casa, dietro un fondale con alberi e paesaggio collinare.

Il gruppo si posiziona a destra, i musici si mettono a sedere sugli sgabelli, mentre sulla sinistra sono posizionati due tavolini bassi con vasi per bere. Le prove vengono iniziate dal musico principale, i cantanti sono all’estrema destra, i ballerini si muovono per tutto il palco. Vengono interrotti dall’arrivo (da sinistra) di un uomo malvestito e dall’accento straniero, che vaga in cerca di un lavoro. Interrogato dai componenti lo straniero si racconta: è fuggito dalla sua patria, la Grecia, perché le sue poesie, troppo caustiche, non erano piaciute ad una famiglia aristocratica molto potente e che minacciava di farlo sparire. Dopo un’accesa discussione tra i componenti del gruppo, dove si intrecciano battute scherzose con riflessioni serie sul ruolo dell’artista, il Greco viene accettato, sfamato e rivestito. Potrà partecipare alle prove e all’esibizione vera, non prima di aver ascoltato il volere degli dèi. Si intona il canto a Netvis, l’aruspice.

Le luci si abbassano, lo schermo proietta immagini di affreschi di epoca etrusca con scene di uccelli in volo e della figura dell’augure. Musica registrata “sacrale” ed effetti luci. Compare l’augure che spiega, utilizzando alcune parole in etrusco, che cosa ha osservato nel volo degli uccelli e decreta infine il favore degli Dei . L’augure sparisce di scena, le luci si riaccendono e ripartono le prove. Ad un certo punto, si sente il suono di un potente corno. Tutti si fermano al suono dei cacciatori che rientrano dopo la battuta organizzata dal banchetto. Si spengono le luci e vengono proiettate scene di caccia tratte da reperti vari. Riprendono le prove. Al canto in onore di Alceo il Greco si commuove ricordando la sua patria e la sua cultura. Tutti si fermano a consolarlo, anche se le donne lo prendono in giro per le sue lacrime. Ripartono con il canto in onore del dio Fufluns. Terminato si riabbassano le luci. Sullo schermo vengono proiettate immagini di satiri e menadi danzanti. Entrano un satiro e una menade che danzano (con musica registrata ed effetti luci 3 minuti).

Si riaccendono le luci. Ripartono le prove. Ad un certo punto arriva una signora ben vestita: è la padrona di casa che attratta dalla musica è uscita per salutare il gruppo e portare del vino. Dopo la bevuta partono le note del canto “Brindiamo a Larthia”. Anche la signora si mette a ballare a al termine del canto ritorna in casa. Il Greco si stupisce da tanta disinvoltura in una donna. Le cantanti e danzatrici donne a questo punto insorgono, zittiscono l’ospite e gli spiegano la differenza tra la donna etrusca, libera e acculturata, e quella greca, succube e ignorante; lo invitano quindi ad accettare i costumi di quella terra che lo ha accolto. Per ribadire questo concetto partono le note di “Aminth”, il canto della donna abbandonata. Il Greco si intristisce di nuovo. Anche lui è partito per mare e ha dovuto suo malgrado lasciare la sua famiglia in Grecia.

Per risollevare gli animi si intonano le note di “Matan Vinum” e si termina con un nuovo brindisi. I musicisti inneggiano al “carpe diem” perché non si può mai sapere quando la morte sopraggiungerà. Si abbassano le luci e sullo schermo vengono proiettate immagini dell’oltretomba etrusco con musica terrificante. Entrano due figure inquietanti, l’uno con naso adunco e barba munito di martello, l’altra con una fiaccola in mano. Sono Charun, colui che chiude le porte con il martello dopo il passaggio del defunto, e Vanth, la demone che accompagna i defunti nell’aldilà. Dopo una breve danza scompaiono e si riaccendono le luci. I musicisti concludono con un ultimo inno al dio Fufluns, dio del vino, dell’irrazionalità, e dell’immortalità.

Stacchi musicali con strumenti etruschi fedelmente ricostruiti e suonati in scena.

Riempitivi sonori registrati con pertinenza musicale alle situazioni sceniche.

Scenografie con proiezioni ( diapositive di nobile dimora, scene agresti, paesaggi)

Arredamenti accessori e suppellettili:  attrezzerie fedelmente ricostruite.

Costumi, calzature e monili, creati fedelmente come da raffigurazioni pervenute.


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Organico generale:


Direttore Artistico

Direttore del suono

Regista

Archeologo


Cast vocale:

2 voci femminili e 2 voci maschili soliste, piccolo coro di 3 elementi.

Attore, Voce recitante

Ensamble strumentale:

(Lyra , Cithara ,Tromba Lituo, Corno, Auloi , Sonagli , Crotala , Kithara , Barbiton)


3 ballerini/e

2 Tecnici sound

1 Light desiner + 1 tecnico luci

1 macchinista

1 attrezzista

1 sarta/truccatrice


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Obiettivi:

1) Debuttare il lavoro teatrale-musicale in almeno 2 località italiane al fine di poter essere  successivamente autonomi nell'autogestione e/o nella vendita dello spettacolo ed essere in grado di poterlo rappresentare con soddisfazioni artistiche e tranquillità sotto  l'aspetto economico in molteplici località italiane e straniere, con coinvolgimento di scolaresche in precedenza opportunamente preparate con incontri con gli artisti. Periodo auspicato: appena terminate le ristrettezze dovute al contagio coronavirus.

2) Realizzazione di un DVD dello spettacolo.

3) Realizzazione di una guida allo spettacolo cartacea in lingua italiana, inglese, francese, spagnola, tedesca, russa e cinese.

 

La Musica etrusca ricreata dallo studio di fonti antiche fa nascere nel 2016 il progetto “Rasenna Echoes” dall’incontro di tre diverse esperienze e professionalità. Francesco Landucci, musicista polistrumentista e produttore musicale, che da circa dieci anni si occupa di musica etrusca e romana a stretto contatto con  ad archeologi specializzati nel settore, sperimenta strumenti che si costruisce da sé e che spesso abbina alla musica elettronica. Sabina Manetti, cantante e insegnante, da circa trent’anni nel campo vocale, sempre alla ricerca di nuove sonorità, tecniche e stili da tutto il mondo, ha maturato col tempo la passione per il mondo etrusco. Cinzia Murolo, archeologa, dal 2001 curatrice del Museo archeologico di Piombino, con esperienza di scrittura creativa, ha sviluppato negli ultimi anni particolare interesse per la musica e la lingua etrusca. Insieme danno vita al progetto Rasenna Echoes, unico nel suo genere, che intende non solo ricreare (e soprattutto reinterpretare) le sonorità del mondo etrusco, ma anche immaginarsi dei possibili canti che parlino degli usi e costumi di questo originale popolo. Il progetto, oltre ad avere finalità di sperimentazione e spettacolo, ha come obiettivo la produzione di un DVD, corredato da una guida all'ascolto in 7 lingue, per una divulgazione del mondo etrusco, anche in campo didattico.


“Vieni oh Fufluns”
bassorilievo
bassorilievo chiusi con musica e danza

 

Come nascono i brani musicali

Il tema centrale è il simposio. Il consumo del vino costituisce infatti un rituale fondamentale per gli Etruschi, soprattutto perché è strettamente legato al culto del dio Fufluns, corrispondente a Dioniso greco e Bacco romano, anche se con caratteristiche proprie.
Nel contesto simposiaco etrusco (come in quello greco) la musica è una costante: i musicisti e gli stessi partecipanti al banchetto si esibiscono da soli o in gruppo in performance le cui modalità sono ancora perlopiù sconosciute.
Se non sappiamo quali fossero le melodie suonate e nemmeno ci sono pervenuti testi che permettano di fare luce sui temi delle loro canzoni o poesie, le affinità riscontrate con la cultura musicale greca e romana (ma anche il confronto con i canti popolari senza tempo) ha spinto a intraprendere una strada mai percorsa. Sono stati ideati dieci testi a sfondo simposiaco, totalmente di fantasia ma con una genesi ben precisa, dove il Dio del vino e dell’irrazionalità ha un ruolo chiave.
I temi si ispirano alle numerose scene di banchetto che popolano la vasta iconografia etrusca, ai miti greci reinterpretati e illustrati sugli specchi e sulla ceramica, e a quanto desunto dai rinvenimenti archeologici. Hanno così preso forma, in lingua italiana, odi d’amore, inni politici, canti ispirati a episodi tratti dal mito rivisitato in chiave locale, a leggende indigene che devono aver accompagnato i suoni vibranti ed intensi degli strumenti e suoni del mondo etrusco. Successivamente si è pensato di introdurre in ogni testo alcune parole etrusche che avessero un’attinenza al singolo tema.
I brani sono stati poi provati vocalmente da cantanti con l’accompagnamento della musica di Francesco Landucci e logicamente con una vocalità che si avvicini al canto naturale senza alcuna impostazione lirica dei giorni d'oggi, scegliendo accuratamente per ognuno di essi gli strumenti, i toni, le melodie e i ritmi.

Per naturali esigenze ritmiche i testi sono stati riadattati, e le parole in etrusco inserite in modo da conseguire un suggestivo effetto vocale e sonoro.

protagonisti

La musica degli etruschi

Che la cultura etrusca abbia attribuito una particolare importanza alla musica lo si può evincere sia dalle fonti letterarie greche e latine, che dallo studio dell’iconografia e dei reperti archeologici: pitture parietali delle tombe, ceramica, incisioni su specchi, ciste, lamine e statuette di bronzo, rilievi su sarcofagi, cippi, stele e urne funerarie, lastre decorative di terracotta.
Gli autori antichi tramandano come con la musica gli etruschi scandissero praticamente tutte le attività quotidiane. Purtroppo però non ci è arrivato nessun documento scritto o sorta di notazione musicale che ci possa illuminare sui modi in cui i musicisti etruschi, per lo più professionisti, suonassero i loro strumenti.
È certo che come in ogni civiltà i generi musicali si trasformarono con il passare del tempo. È concorde che gli etruschi avessero una preferenza per gli strumenti a fiato. Quello più diffuso era a doppia ancia come il moderno oboe, ma costituito da due canne, corrisponde al doppio aulós greco e le tibiae romane e doveva chiamarsi suplu. Un’invenzione invece di origine etrusca è la lunga tromba detta “tirrenica” (sálpinx in Grecia e tuba a Roma), ideata originariamente per scopi bellici.
Altri tipi corrispondenti ai moderni ottoni sono il cornu, uno strumento a fiato del tipo a bocchino, che aveva una canna conica interamente ricurva, e il lituus con il solo padiglione ricurvo che era anche insegna di potere. Nelle raffigurazioni è frequente il cosiddetto flauto di Pan (syrinx in Grecia e fistula a Roma), mentre raramente attestato è il flauto traverso.
Gli strumenti a corda diffusi sono la lýra e la cetra del tipo detto “a culla” per la peculiare conformazione della cassa armonica. Costruite in legno e altro materiale deperibile, non hanno lasciato tracce, ma numerosi plettri in avorio e in osso sono stati recuperati nelle necropoli di vari centri etruschi. La lýra ha la cassa di risonanza formata dal guscio della tartaruga, compare soprattutto in processioni di carattere funerario, in scene di banchetto e di danza rituale, ed è suonata principalmente dagli uomini. In età classica lo vediamo nelle mani anche degli dei, soprattutto di Apollo e di Artemide, e di eroi, come Orfeo e Faone. La kithára più diffusa era del tipo “a culla”, utilizzata in processioni, cortei, banchetti e danze. Infine è attestata una notevole varietà di “idiofoni”: sonagli, piccole campane e piattini in bronzo e tintinnabula metallici di varie forme, e i krótala, un tipo di nacchere spesso rappresentato nelle mani delle danzatrici. I tamburi, frequentissimi nel mondo greco e romano nei rituali orgiastici, compaiono raramente e sono in scene a carattere dionisiaco.


Il culto del dio Fufluns in Etruria

Fufluns tra tutti gli dei è quello più presente nel mondo etrusco, ed è l’unico a comparire assieme ad Ade, al quale verrà assimilato nel IV secolo a.C., nelle pitture funerarie. È lui tra tutti gli dei etruschi che viene identificato con il Dioniso greco. La sua diffusione avviene tra VI e V secolo a.C. Essere suoi seguaci, diventare degli “iniziati” al suo culto, passando anche attraverso la pratica del simposio, voleva dire accettare una trasformazione continua, quindi anche quella finale, la morte. Per questo le sue tracce si trovano molto spesso associate al mondo funerario. Nelle stele funerarie “fiesolane” per esempio (segnacoli tombali di rango diffusi nel mugellano, fiorentino e pistoiese) il defunto maschio si identifica con Dioniso stesso, oppure viene eroizzato attraverso un viaggio con il carro verso l’aldilà, mentre la donna, con Dioniso, alle volte in forma di Sileno che sostituisce Hermes psycopompo, va incontro alla morte con la metafora del matrimonio o del ratto. Anche la seconda nascita di Dioniso dalla coscia di Zeus è un tema che aveva per gli Etruschi un grande fascino e che si trova spesso inciso sugli specchi, oggetti tipici del mondo femminile. Insomma, l’aspetto funerario/salvifico sembra essere predominante nel mondo etrusco. Strettamente legato al dio e al suo corteggio non è solo il consumo del vino (anch’esso simbolo di trasformazione) ma anche la musica.


I contenuti dei testi

Nel mondo antico la musica era quasi sempre associata al canto e alla danza. Tuttavia le immagini nel mondo iconografico etrusco di persone colte nell’atto del cantare, sia associate ad uno strumento musicale oppure no, sono piuttosto rare. Rare sono indubbiamente le immagini di personaggi ritratti con la bocca semiaperta, dalla quale a volte escono lettere, anche ripetute, a simboleggiare un suono prolungato. Fa eccezione l’immagine, su una nota anfora del cosiddetto Pittore dell’Eptacordo (prima metà del VII secolo a.C.), di un citaredo con la bocca socchiusa che suona, e verosimilmente canta, alla presenza di cinque personaggi impegnati in una danza acrobatica; una serie di segni ad onde tra le figure potrebbero rappresentare graficamente la propagazione delle onde del suono.
Alcune epigrafi rinvenute in Etruria sembrano invece attestare l’esistenza di segni grafici di natura ritmica: è probabile che l’interpunzione sillabica, presente in alcune iscrizioni, indicasse una notazione metrica e melodica, con l’introduzione di lettere impiegate per dare un certo ritmo. Potrebbe essere il caso di alcune sequenze di parole che si trovano nella più lunga iscrizione etrusca pervenuta, il Liber Linteus (III secolo a.C.), noto testo rituale scritto su fasce di lino, riutilizzate come fasciatura per la mummia di una giovane donna. Anche il testo della nota lamina d’oro di Pyrgi della fine del VI secolo a.C. doveva presupporre il ritmo.
Anche la vita di tutti i giorni doveva essere necessariamente scandita da canti trasmessi per lo più oralmente, che animavano i momenti di festa come quelli del banchetto, riservato alle classi sociali più agiate, che detenevano anche un sapere intriso di cultura greca.
Alcuni temi mitologici provenienti dal mondo greco e rappresentati sugli specchi, soprattutto le vicende dell’eroe Eracle e della nascita degli dei (la preferita è proprio quella di Fufluns), gli amori divini come quelli tra Afrodite e Adone, Peleo e Teti, o tratti dall’Iliade come Paride e Elena, presentano alcune varianti delle versioni più note di cui non ci è arrivato niente di scritto, se non le didascalie associate ai personaggi stessi e che quindi permettono una sicura interpretazione.
Queste versioni “originali” etrusche probabilmente erano trasmesse attraverso il canto, dovevano esistere vere e proprie saghe, declamate o cantate durante i convivi e banchetti. Per la costruzione dei testi è stato fatto riferimento a fonti iconografiche e archeologiche databili in un ampio lasso di tempo che va dal periodo villanoviano al tardo etrusco (VIII-III secoli a.C.), intrecciandole con temi specifici di questo popolo: il viaggio per mare, la preparazione del vino e del pasto, le pratiche divinatorie, il canto per la prima notte di nozze, l’emancipazione femminile. Il tema dell’amore e della politica è stato lo spunto per scrivere due omaggi ai cantanti lirici più famosi dell’antichità greca, i poeti Saffo e Alceo, che probabilmente non erano sconosciuti agli Etruschi.
La sequenza dei canti è stata ordinata come se lo spettatore/auditore si trovasse a partecipare in un reale contesto simposiaco, dalla preparazione dello stesso al termine della festa, passando attraverso i vari momenti della serata.
Parole e musica vogliono portare ad un’immersione negli antichi paesaggi sonori, in un’atmosfera di festa che conduca nel mondo poliedrico di Fufluns, in una riflessione sui vari aspetti della vita, sull’importanza del cambiamento e della trasformazione della psiche. Esemplificativo è l’ultimo brano, “Immortali”, un’ultima preghiera a Fufluns affinché doni ai mortali “sogni leggeri come ali di cigno, ristoratori come l’acqua di fonte… i nostri pensieri non più uguali, allora ci sembrerà di essere immortali”. Perché è la razionalità che “ci impedisce di vedere l’invisibile”.

Ricostruire gli strumenti musicali e il loro suono

Nella ricostruzione di uno strumento musicale antico risulta indispensabile lavorare in équipe con professionisti che abbiano competenze diverse: archeologi, storici, musicologi e musicisti. Un conto è la ricostruzione dello strumento, un altro è saperne saggiare tutte le possibilità sonore. Da tenere presente poi sono le varietà strumentali areali, le diverse situazioni nelle quali si faceva musica (matrimoni, funerali, feste religiose etc.) e il lungo periodo storico in cui fiorì la civiltà etrusca.
Per la ricostruzione degli strumenti Francesco Landucci si è avvalso della sua ormai ventennale esperienza in musica etnica, senza mai prescindere dal confronto con i maggiori studiosi di musicologia antica. Possiede una personale collezione di strumenti da tutto il mondo, alcuni dei quali con caratteristiche di costruzione simili a quelle degli strumenti antichi. Ha avuto la possibilità di visionare attentamente strumenti come il Krar, il Kissar, il Kerar, la Begana, della famiglia delle lire, che sono ancora oggi in uso ad esempio in Africa, dove si sono mantenute le tradizioni e le caratteristiche strutturali costruttive più rudimentali e simili a quelle antiche, come ad esempio l’utilizzo dei carapaci di tartaruga. Dopo averne sperimentato il suono abbinato a corde in budello e tavole armoniche in pelle animale, ha ricostruito, essendo la tartaruga un animale protetto, i gusci in resina che hanno una consistenza dura, simil ossea, con un sound molto simile. Per la costruzione degli strumenti antichi utilizza non solo materiali naturali in senso filologico ma anche materiali moderni sperimentali, ad esempio corde di budello ma anche corde che hanno caratteristiche più versatili per l’esibizione.
Per la costruzione degli strumenti si è ispirato ad iconografie del mondo etrusco estraendo dalle immagini, mediante calcoli matematici, le proporzioni, e verificandone con software grafici le misure. Ha ricreato strumenti a fiato grazie anche allo studio dei rari strumenti originali ritrovati in sepolture e relitti. Inoltre si è cimentato nella ricostruzione di diverse tipologie di ance.
A livello di composizione musicale lascia ampio spazio alla creatività ed all’artisticità compositiva, basate però su tecniche derivate da studi delle musiche del passato e del presente, anche di varie etnie che hanno ancora oggi l’uso di linguaggi musicali non mantenuti nella moderna cultura occidentale.
Utilizza quindi anche suddivisioni tonali più piccole del semitono, come nella musica orientale. Con la cetra sta sperimentando la tecnica della “pennata” che si ottiene con il plettro, che spesso vediamo utilizzato dai citaristi etruschi.
La scelta degli strumenti per i singoli canti ha ovviamente tenuto in considerazione i contenuti. Infine i brani in fase di registrazione sono stati associati ad un paesaggio sonoro con i suoni della natura e d’ambientazione, considerando che la musica veniva eseguita soprattutto in spazi aperti.


L’interpretazione canora

La Prof.sa Sabina Manetti ha avuto il difficile compito di arrangiare i testi per le esigenze ritmiche e foniche. Li ha trasformati in strofe tra declamato e cantato, a tratti simmetrico, a tratti fluente come un discorso, ipotizzando un canto a volte educato secondo le influenze greche, in altre situazioni usando uno stile libero e anticonformista. Nelle invocazioni a Fufluns ha alterato la voce come quasi invasata dal dio; in altri contesti, come nella preparazione del banchetto, la voce scandisce le azioni e mima la danza. Alcuni testi sono stati invece rielaborati per andare passo-passo con la lýra, la cetra e il doppio aulós. Su di lei ha influito moltissimo l’esperienza acquisita in venticinque anni di studi, di rielaborazione e diffusione di canti di popoli da tutto il mondo, comprese piccole tribù che hanno vissuto isolate fino ad oggi e mantenuto le loro eredità artistiche quasi intatte.
La Dott.sa Cinzia Murolo ha infine scelto le parole etrusche non solo per il loro significato, ma perché creassero profonde suggestioni sonore ed evocazioni ancestrali.

 

L' interpretazione scenica

l regista Giampaolo Zennaro coniugherà la  tradizione teatrale lirica con la visione moderna del “musical” avendo ben chiari gli obiettivi da raggiungere e guidando gli interpreti con la sua  quarantennale  esperienza di regista poliedrico.

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